Valentina D’Accardi
Inconscio Idraulico di Valentina D’Accardi è una delle opere video presentate venerdì 30 novembre 2018 in occasione di Generazione Critica #6 e che fino a sabato 8 dicembre 2018 saranno visibili negli spazi del Laboratorio Aperto ex Centrale AEM di Modena.
> La tua opera Inconscio Idraulico è uno dei progetti vincitori della prima edizione di Artifact Prize, ed è ora è tra i video che sono stati selezionati e presentati in occasione di Generazione Critica #6; puoi spiegarci la natura di questo lavoro?
Inconscio Idraulico parte da materiali tecnici: mette insieme frammenti sbagliati provenienti da reali videoispezioni di tubature, condutture e canne fumarie effettuate da un’idraulico attivo nel territorio di Bologna.
Ho selezionato i momenti di imprevisto presenti negli originali. A volte, ad esempio, la telecamera si blocca in una curva, si incastra in un’ostruzione o qualcuno dal piano superiore apre l’acqua nonostante il divieto.
Inconscio Idraulico raccoglie questi tempi vuoti di visione: sono immagini che continuamente l’idraulico vede e a cui non presta attenzione, perché per il suo lavoro non contengono informazioni utili.
Prendo quello che lui scarta, scegliendo il materiale in base al potere estetico, cancellando gli elementi narrativi direttamente riconducibili allo scopo del video, ed eliminando il racconto o le immagini troppo riconoscibili.
Il risultato è un lavoro pittorico, astratto.
> Inconscio idraulico fa parte di un progetto più ampio, “Archivio Idraulico”, che si compone di altre due parti: Spazio Idraulico e Memorie Idrauliche. Cosa unisce queste tre sezioni e come mai hai deciso di organizzare il progetto in tre “momenti” differenti?
Archivio Idraulico è costruito su uno specifico archivio tecnico, -foto e video-, accumulato durante anni: attraverso le sezioni organizzo i pensieri e strutturo lo scheletro del progetto. Dividere il materiale mi permette di dare ordine e mi aiuta a ragionare.
Memorie idrauliche è la parte che comprende lo storico delle videoispezioni così come nascono. L’ambito è quello del racconto: la telecamera è mossa dall’idraulico, che nel frattempo descrive oralmente al cliente quello che sta vedendo. La dimensione temporale-reale è presente: c’è sempre un inizio, un’azione e una fine.
Spazio idraulico, invece, è la sezione fotografica dell’archivio. Raccoglie gli scatti che lui realizza quotidianamente nei cantieri e negli appartamenti per monitorare lo stato delle perdite, per documentare l’avanzamento dei lavori o per tutelarsi nei confronti delle assicurazioni. La sua accumulazione di immagini è ossessiva: dal 2011 le conserva su decine di cd-rom, catalogate per anno e per cantiere.
> Nella tua ricerca è ricorrente l’indagine sulla memoria personale, come nel tuo precedente lavoro Fiume. Nel caso di Inconscio Idraulico sei riuscita a sviluppare questa tematica in maniera inedita, ricorrendo anche alla tecnica video. Come si inserisce la sperimentazione video nella tua ricerca?
Ho studiato arti visive all’Accademia di Belle Arti di Bologna, scegliendo come indirizzo pittura, non fotografia: il mio pensiero è pittorico, così la struttura dei miei lavori.
Dipingere ha in se’ tempo e movimento: il video mi permette di confrontarmi con queste due dimensioni, che nella fotografia mancano.
Inconscio Idraulico è il mio modo di concepire un dipinto, di usare il colore, il ritmo. Avevo necessità di sperimentare la durata, la forma e il movimento.
Mi interessava usare le immagini raccolte da lui per trasformarle in qualcos’altro, creando un contatto tra la mia identità e la sua.
Ho scelto questo archivio specifico perché è con me da molto tempo.
> Hai definito Archivio Idraulico un “lavoro onirico” e, tra gli obiettivi della tua ricerca hai indicato quello di “analizzarne la potenza”. Potresti spiegare meglio questi due concetti, applicati al tuo lavoro?
Di Archivio Idraulico fanno parte anche due fotografie molto diverse dal resto.
Sono state scattate da un fotografo di provincia nel 1977 circa.
Davanti al pubblico di una una balera della bassa, un giovane vestito di paillettes imita di Elvis. Si danna l’anima urlando al microfono. Potentissimo. Nessuna paura. Prova piacere nell’essere guardato: al centro dell’attenzione è completamente a suo agio. E infatti e ci dà dentro come un matto.
Questo è lui, l’idraulico.
O era.
Ecco la mia ossessione: cosa gli è accaduto nel tempo? L’essere stato ballerino per anni ha influito sul suo modo di vedere e guardare alle cose? Come si tiene insieme? Concilia le sue identità? Quello “di prima” è sopravvissuto, o è stato schiacciato da trent’anni di ditta?
Il suo sguardo è da sempre mescolato al mio: per liberarmene ho deciso di “rubargli gli occhi”, costruendo un mondo che unisce il suo essere-sempre al suo essere-altro.
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Valentina D’Accardi (1985) vive e lavora a Bologna. Laureata in Arti Visive, nel 2010 viene scelta a rappresentare A.B.A.BO per Mulhouse010 (FR). Nel 2016 è Miglior Artista Under35 per Setup Artfair e menzionata al Premio Francesco Fabbri. Nel 2018 ha partecipato alla mostra collettiva The Wanderer Proximity, durante il festival Fotopub, Novo Mesto (SLO).
Generazione Critica x Digital Video Wall
Laboratorio Aperto ex Centrale AEM Modena
viale Buon Pastore 43, 41121 Modena
dal 3 al 7 dicembre, dalle 15.00 alle 18.00
8 dicembre , dalle 11.00 alle 18.00
Ingresso libero
06/12/2018