STICKY FINGERS PUBLISHING
GENERAZIONE CRITICA: Sticky Fingers è iniziata come collaborazione tra Sophie Paul e Kaiya Waerea. Come ha avuto inizio il questo progetto comune?
STICKY FINGERS: Durante il nostro secondo e terzo anno di studi universitari abbiamo per la prima volta pubblicato qualcosa insieme: entrambe avevamo scritto dei saggi per la nostra laurea con il tema comune dei nuovi materialismi femministi (area di ricerca della teoria femminista ancora oscura ma molto seducente) e quindi ci siamo trovate a condividere questi interessi. Il nostro pensiero riguardo gli FNM (Feminist New Materialism) ha creato l’occasione per unirci soprattutto rispetto alla preoccupazione condivisa su quali sentimenti possano essere generati dalla conoscenza. Abbiamo quindi pubblicato i nostri saggi insieme ad altri testi che abbiamo raccolto da amici, colleghi e da tutor; la rivista che ne è nata è stato poi venduta ad una delle fiere di editoria presso DIY Space for London. Questa è stata la prima di quella che è diventata la nostra serie FDBN: non avevamo in programma di pubblicare di nuovo insieme, ma poi l’abbiamo fatto, e ancora, e ancora.
GC: Come avete scelto il nome Sticky Fingers Publishing?
SF: Quando abbiamo iniziato a pubblicare insieme ci siamo chiamate FDBNHLLLTTF (fragile, disorienting, fragile, ingenuo, esitante, amorevole, lusting, leaking, trembling, terrificing, fucking), perché FDBNHLLLTTFMATERIALISMS è stato il primo progetto che abbiamo realizzato insieme e non avevamo pensato oltre quest’ultimo. Inizialmente ci divertiva il fatto di avere un nome così oscenamente lungo che nessuno (noi per prime) avrebbe mai potuto ricordare, inoltre ci piaceva il fatto di correre il rischio di non essere vendibili. Abbiamo pubblicato qualche altro FDBN’S, ed è stato solo dopo aver iniziato i nostri scambi epistolari nel 2020 che abbiamo deciso di trovare un nome più leggibile per rendere FDBN più riconoscibile.
Prima di arrivare a Sticky Fingers abbiamo esaminato molte possibilità e opzioni, spesso anche molto ironiche e sciocche. Poi è arrivato Sticky Fingers che ci è subito piaciuto perché fa riferimento a cose corporee, grottesche e quasi schifose; questo nome, inoltre, era in grado di rendere l’idea di un attraversamento corporeo della teoria, della finzione e del mondo. C’è una citazione di Kate Zambreno nel suo libro “Heroines” che entrambi amiamo, in cui si parla di dita lubrificate che scorrono sui libri della biblioteca toccandoli e lasciando la loro traccia: questo aspetto sensuale e quasi erotico si incontrava bene con la modalità di lettura masturbante che proponiamo. A queste sfumature si aggiunge anche un significato di Sticky Fingers: quest’espressione piò voler dire rubare, il che è davvero interessante in riferimento a scrittrici che entrambe amiamo molto, come Kathy Acker che pratica il plagio, una sorta di furto letterario.
GC: Sticky Fingers ha sede a Londra e nelle vostre pubblicazioni c’è un’attenzione ricorrente alla cultura punk, è un caso oppure c’è uno specifico interesse editoriale?
SF: Questa è un’osservazione interessante: quando abbiamo iniziato a pensare alle sensazioni che gravitano intorno alla conoscenza, eravamo anche interessate a quello che descriviamo come “anarchic, smash-and-grab approach to theorizing” che riflette un’etica anti-istituzionale di diffusione di conoscenza e la convinzione che possiamo e dovremmo agire in base a ciò che siamo. Ci piace lavorare con testi che ci portano anche a pensare di correre dei rischi: la nostra seconda pubblicazione FDBN, FDBNHLLLTTFFICTIONS aveva come slogan “scrivi ciò che avresti troppa paura a pubblicare”. La sfida è trovare conforto nell’azione stessa di correre rischi insieme.
Questa spinta emerge dal nostro femminismo, che è intrinsecamente “punk” in quanto dirompente dell’ordine comune. Tutto questo si unisce e si riflette sul linguaggio estetico che abbiamo sviluppato, che è guidato dal desiderio di ridurre al minimo il lavoro su ciò che non ci interessa (es. social media troppo macchinosi e con strategie troppo oppressive) e massimizzare il lavoro che ci dà piacere; lavorando in modo profondo e collaborativo per trovare momenti di responsabilizzazione collettiva all’interno del processo editoriale.
GC: Dead Lovers è una delle vostre serie di pubblicazioni in cui tre testi nuovi vengono commissionati a scrittori contemporanei per riflettere intorno al lavoro di uno scrittore deceduto. L’obbiettivo di questa serie è quella di stabilire genealogie alternative in relazione a nuove sperimentazioni: il femminismo, in questo contesto, non è inteso come soggetto piuttosto come metodo. Potreste spiegare meglio questo approccio che è insieme storico e contemporaneo? Come riuscite a mettere in dialogo autori diversi?
SF: Le difficoltà e i dubbi sulla pubblicazione di nuovi scritti che si sviluppano o gravitano intorno a opere di scrittrici femministe decedute sono molte proprio a causa della distanza che si trova tra noi e il testo originale. Questi elementi di diversità si riscontrano anche nelle nostre pubblicazioni i cui temi sono quelli dell’amore e dell’intimità ma anche dell’assenza e dell’incerto. Scrivere con questa distanza storica però ci permette di parlare apertamente delle modalità con cui fare riferimento ad un’opera passata e di come potremmo costruire una pratica specifica a riguardo; allo stesso modo sono occasioni per pensare a metodologie di relazione con nuove realtà e nuovi autori con cui stabilire rapporti di fiducia.
Quando, all’interno di questa serie, si parla di femminismo come metodo, ci si riferisce al come vengono pensate queste pubblicazioni. Le letture, sessioni di discussione o di editing di gruppo che organizziamo insieme ai tre scrittori selezionati sono infatti il metodo con cui approcciamo la preparazione e la realizzazione del progetto, in questo modo riusciamo ad incontrarci alla pari, riorganizzando le gerarchie che spesso rischiano di diventare normative all’interno del processo di pubblicazione. Inoltre ogni sessione viene aperta da un dibattito sui limiti dell’editing e su come sia possibile potenziare invece l’aspetto collettivo di questo processo.
La scelta del testo su cui concentrarsi spesso nasce da quello che in qualche modo “amiamo” in un autore, ma l’amore è complicato: scrivere di qualcosa passato nel presente richiede di accettare varie complessità. Adottare questo atteggiamento ci permette di concentrarci su scrittori il cui lavoro è stato storicamente trascurato a causa del genere, sessualità o classe, oppure per le scelte tematiche della loro scrittura o per il rifiuto a limitarsi a soddisfare aspettative tradizionali. Questa attenzione che noi abbiamo nei confronti di questi autori è una tipologia di amore ed è questo il pensiero che anima le pubblicazioni di Dead Lovers.
GC: Le pubblicazioni FDBNHLLLTTF (fragile, disorientante, fragile, ingenuo, esitante, amorevole, lussurioso, che perde, tremante, terrificante, fottuto) sono un’altra linea della vostra casa editrice; queste pubblicazioni sono costruite con materiale ricevuto attraverso una serie di open call. Qual è il terreno comune che riesce ad unire diversi scritti all’interno di questa serie? Come affrontate la gamma molto ampia di materiale proveniente da vari autori?
SF: Le parole che compongono questo acronimo possono essere intese come un campo affettivo in cui la serie FDBN continua a vivere. L’elenco di sostantivi che dà il nome alla pubblicazione può confrontarsi con i testi in vari modi; infatti, il contenuto dei contributi può agire interpretando uno di questi termini, oppure utilizzarli come ispirazione basandosi sulle sensazioni o sugli stili che possono evocare. Anche il parlare sulla scrittura intesa come processo in costante divenire che si dispiega e che può vivere della sua incompiutezza diventa un modo per prendere parte alla pubblicazione. Il tema di ogni singolo numero viene dunque applicato a questi termini e al tipo di relazione che gli autori instaurano con esso, successivamente i vari testi vengono messi in dialogo tra loro.
Nella costruzione di ogni numero cerchiamo di ottenere un equilibrio tra il tema, le sperimentazioni formali, gli scrittori nuovi o precedentemente pubblicati, gli interventi marginali, i diversi riferimenti e il modo in cui vengono utilizzati. Per aiutarci abbiamo un limite di quante pagine possiamo inserire sotto la nostra ghigliottina, che è di circa 60.
GC: Scorrendo le pubblicazioni dall’inizio di Sticky Fingers fino ai giorni nostri, qual è la pubblicazione che vi ha dato più sorprese e che in qualche modo potrebbe aver cambiato le vostre aspettative o farvi ripensare alla vostra pratica?
SF: I nostri scambi di lettere mensili sono ciò che ancora continua a sorprenderci. Abbiamo iniziato queste corrispondenze per necessità nella primavera del 2020, quando a causa del primo lock down del Regno Unito, ci siamo trovati nell’impossibilità di accedere agli spazi, strutture di stampa e spazi di distribuzione su cui facevamo affidamento in precedenza. Abbiamo iniziato a mettere insieme tutto ciò che potevamo, stampando con le nostre stampanti domestiche e mandandole mensilmente ai nostri venti abbonati. Questo tipo di produzione si rivolge ad una tendenza ristretta ma si mette in gioco pubblicando lavori inediti o ancora in fase di progettazione. Da quando abbiamo iniziato non ci siamo ancora fermate e siamo arrivare al nostro ventiduesimo scambio epistolare con ben cinquanta iscritti! Ora abbiamo anche un breve elenco di collaboratori regolari, che ci scrivono poesie, lettere, sceneggiature, ricette e altro ancora. I contenuti di queste lettere sono leggermente meno raffinati e un po’ più sciocchi rispetto al resto che produciamo ma troviamo davvero gratificante e importante ricordare a noi stessi che tutto inizia da qualche parte.
GC: Quanto sono importanti i social network all’interno della direzione della vostra casa editrice? Questi canali vi hanno aiutato o vi aiutano a far crescere la realtà di Sticky Fingers e a trovare nuovi progetti o artisti interessanti con cui collaborare?
SF: Prima del primo lock down non eravamo assolutamente attive sui social media e facevamo circolare le open call solo tramite poster ed e-mail. Andare online ha ampliato e cambiato i modi di contatto e il numero dei nostri lettori e scrittori in modi inaspettati e meravigliosi, e questo continua ad essere valido.
Detto questo siamo stanche di come spesso artisti o professionisti emergenti di ogni tipo debbano prendere parte al “gioco” a cui Instagram ci costringe, e quindi cerchiamo di ridurre al minimo questo lavoro ove possibile. Ci incontriamo nel nostro studio ogni lunedì e dedichiamo dieci minuti a pianificare i nostri post per la settimana. Cerchiamo anche di condividere tra noi il lavoro di scrittura delle didascalie delle immagini ma entrambe stiamo attente a non essere risucchiate da un’eccessiva attenzione nei confronti della dimensione digitale. Adoriamo davvero la stampa e abbiamo sempre fatto della carta stampata la nostra priorità.
GC: Tornando al mondo fisico, è davvero interessante porre l’attenzione sul Winter Party che Sticky Fingers ha organizzato questo inverno. Avete lanciato le ultime due pubblicazioni, FDBNHLLLTTFNOCTURNAL & DEAD LOVERS: ANAÏS NIN a dicembre 2021 con una serata speciale a Londra. Donna The First, una drag queen bianca queer non binaria, è stata invitata a presentare l’evento e introdurre letture dei vari autori coinvolti nelle pubblicazioni. Questo ricorda i cabaret dadaisti che si svolgevano a Zurigo qualche decennio fa, dove c’era un forte intento a creare un senso di comunità e un’intensa volontà di sperimentazione. Quanto è importante per il team di Sticky Fingers creare un collegamento tra i vari autori e anche tra gli autori e il pubblico? Avete in programma di organizzare più eventi seguendo questa linea?
SF: Donna è una nostra brillante amica e curatrice della nostra ultima pubblicazione NOCTURNAL. La vita notturna queer coinvolge molte persone e si riflette anche nella scelta del tema di questa pubblicazione in particolare. È stato proprio questo tema a portare a galla il desiderio di organizzare una serata per celebrarne l’uscita.
Questo evento è anche un modo per tenere viva una comunità: i nostri lettori tendono ad essere spesso anche i nostri scrittori, creare dei momenti di condivisione è quindi per noi fondamentale perché è in questo modo che si genera cultura. Leggere, scrivere e pubblicare può essere intimo, entusiasmante, erotico se solo glielo si permette.Per noi queste attività sono dipendenti l’una dell’altra, intese come un luogo in cui la conoscenza riesce ad esprimere la sua vitalità.
Dopo la gioia di questo nostro primo evento, stiamo lavorando su una pianificazione stagionalmente con l’aiuto di Donna e della sua esperienza come organizzatrice di eventi. Spesso abbiamo la tendenza di calendarizzare le nostre iniziative e pubblicazione in termini di stagioni, cosa che si può evincere anche nella testata di qualsiasi nostra pubblicazione: un istinto a pensare in modo ciclico anziché lineare.
GC: Sticky Fingers è una realtà in continua crescita e sembra che si stia aprendo a diverse sperimentazioni dentro e fuori la dimensione di libri e riviste. Quali sono i progetti futuri per la vostra casa editrice?
SF: Abbiamo alcune cose molto interessanti in programma per quest’anno, tra cui: MISS READ Art Book Fair a Berlino alla fine di aprile; una monografia di Evelyn Wh-ell, che sarà disponibile presso MISS READ; un open call per la nostra prossima pubblicazione FDBNHLLLTTF sul tema del PLAGIO; un opuscolo su Note riguardo l’editoria intra-dipendente; una mostra alla Lunchtime Gallery di Glasgow e altro ancora!
Di recente abbiamo anche lanciato le nostre “Sessioni di autopubblicazione”: sessioni individuali per consigliare e assistere le persone nei loro sforzi di autopubblicazione. Stiamo inoltre pianificando di gestire dei club di stampa durante i weekend, il che sarebbe davvero divertente. Siamo costantemente alla ricerca di opportunità per continuare a fare ciò che amiamo e renderlo finanziariamente sostenibile. Non abbiamo mai pianificato troppo in anticipo e siamo abbastanza istintive in termini dei diversi lavori che intraprendiamo, ciò riesce a mantenere il nostro lavoro eccitante. Continuiamo a lavorare insieme perché ci piace pubblicare testi collaborando tra noi e con altre persone: è un processo di arricchimento e in cui riusciamo a vedere un enorme valore.
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03/02/2021