OCTOPUS | Trevor Paglen
Octopus di Trevor Paglen è un punto di osservazione da cui analizzare il dislocamento e il relativo disorientamento che coinvolge in questo momento le nostre facoltà visive.
Octopus è un apparato, letteralmente un insieme di strumenti digitali, che l’artista usa per mostrarci con quanta facilità gravitiamo verso le immagini. Nell’ambito della mostra personale ‘Bloom’ allestiva presso Pace Gallery di Londra, Paglen colloca nello spazio espositivo decine di videocamere, tutte connesse in streaming su una piattaforma web: gli utenti che si connettono possono quindi scegliere da quale angolazione vedere la mostra e inoltre addirittura lo spazio che la ospita e le persone che fisicamente la stanno esplorando. Tentacolare come appunto una piovra, il sistema sorveglia e riporta in rete ciò che accade in mostra.
Ma c’è un ulteriore passo possibile: i ‘visitatori’ online possono anche dare al sistema il permesso esplicito di accedere alla propria webcam e proiettarli all’interno dello spazio della galleria. Gli schermi su cui vengono trasmessi i visitatori online sono posizionati in alto alle pareti della mostra e rivolti verso il basso: l’effetto è che lo sguardo di qualcuno sovrasta qualcun altro.
Octopus non è solo una ricerca, sebbene geniale e precisa, su come la tecnologia non sia mai neutrale e sul suo tentativo di estrarre dai suoi utenti informazioni private, fragili e segrete.
È una riflessione sul potere della mediazione della presenza e dello sguardo nello spazio pubblico e sociale e uno studio sulla dialettica della reciprocità della visione.
In questo momento specifico di distanza fisica, il rapporto tra lo spettatore e l’oggetto della sua visione non potrebbe essere più vago.
Trevor Paglen, Octopus, 2020
Mixed Media, Dimensions variable
© Trevor Paglen
Courtesy of the Artist and PACE Gallery
17/11/2020