MOMENT 2 | DEBORAH-JOYCE HOLMAN
Una donna è seduta su un divano di design all’interno di una stanza d’albergo perfettamente illuminata con finestre che danno su uno skyline di una grande città. Ogni tanto il suo sguardo si rivolge alla camera, altre volte invece si posa su degli angoli della stanza, inizia così il suo monologo che a tratti sembra essere la confessione che un paziente potrebbe fare al proprio analista: un flusso di pensieri e di emozioni, ricordi e riflessioni. La donna è Rebecca Bellantoni, performer che in collaborazione con l’artista Deborah-Joyce Holman recita all’interno dell’opera video intitolata Moment 2 (2022).
A lazy cat. I hustle. I’m a stone hole, and I’m not ashamed of it. What I really want to do is what I’m doing now. It is perform. Yeah, there is a lot of material there. And I’ll give you some more of it a little later.
Ed effettivamente quella che ha luogo è una performance: riprendendo il dialogo originale di Jason Holliday registrato da Shirley Clarke nel suo film Portrait of Jason (1967), Bellantoni per nove ore crea un loop in cui le parole dell’artista americano tornano e si accavallano creando un flusso di coscienza che riguarda l’atto creativo, la propria identità e il confronto di culture diverse. La voce che si intervalla da colpi di tosse, sospiri di stanchezza e altre movimenti della performer, si sviluppa così in una narrazione enigmatica che riesce ad abbracciare temi quali l’atto creativo, l’identità di genere e il ruolo dell’individuo nella società. Holman, riprendendo e reinterpretando l’esemplare progetto di Clarke del 1967 ne trova una rinnovata aderenza con il contesto odierno: le parole di Holliday e la nuova ambientazione (figlia del capitalismo da architettura minimale, fiori esotici e snack a poco contenuto di grasso) si trasformano in una critica che l’artista rivolge alla saturazione eccessiva del trauma nero che sembra diventare anch’esso un bene di consumo.
Holman in modo saggio e audace, attraverso una video-performance di nove ore propone all’osservatore di calarsi all’interno l’esperienza di un individuo, di farla sua, facendo così esplodere il potere narrativo delle parole. Seguendo una pratica molto vicina al cinema di verità, l’artista inglese ci riporta nella parola, nel valore e nella potenza che la testimonianza di ognuno di noi ha: la narrazione di sé come voce di protesta e affermazione ma anche di vicinanza e condivisione. Moment 2 è veramente un momento, lungo però 9 ore, in cui fermarsi e riflettere, generando un pensiero critico personale come atto di resistenza e di dichiarazione politica.
I looked at this beach and smiles and I said: Yeah, there is lots of material. There is lots of material. When you wing a song or you do a bit, it has to be about something. You have to do it from experience, and I’ve been getting experience coming and going.
Deborah-Joyce Holman
Moment 2, 2022
Courtesy of the artist, Film still