Marilisa Cosello
“Esercizi Obbligatori” di Marilisa Cosello, è uno dei progetti selezionati per la prima edizione di Digital Video Wall, la call-for project promossa da Metronom dedicata alla sperimentazione digitale. L’opera sarà visibile per tutto il mese di Novembre sul video wall di Metronom.
> Una prima domanda introduttiva: com’è nato il progetto di “Esericizi Obbligatori”? Come si relaziona alla tua ricerca?
Tutta la mia ricerca artistica indaga i concetti di potere, limite e relazione. Esercizi Obbligatori è un’immagine, più che una situazione. E’ l’oggettificazione del Corpo, che da soggetto diventa oggetto. Quando ho cominciato a progettare Esercizi Obbligatori volevo che fosse come un’opera, definita da una tensione nello spazio, con solo movimenti interni, e che non esplode mai realmente.
> Nel video di “Esercizi Obbligatori Atto I” sei proprio tu a riprodurre i gesti che emulano gli esercizi del Sabato Fascista. Metti spesso te stessa, la tua immagine e i ricordi al centro delle tue opere, qual è la ragione di questa scelta?
Nel video di Atto I la performer non sono io, è una donna che mi assomiglia. Ho volontariamente creato questo doppio, che non sta solamente eseguendo la performance, ma è parte dell’opera con la sua natura ambivalente. Il concetto di “personale” per me è legato al collettivo, che deriva dall’insieme di singole identità ed allo stesso tempo ne crea una differente. Quello che cerco di creare è l’astrazione dall’idea del sé, o da ciò che definisce l’identità. I ricordi, i gesti, anche l’identità stessa dei performer (io o altri) si ripetono e riproducono fino a quando perdono il significato originario e non si distingue più un’identità da un’altra. I Corpi sono anche un prodotto della situazione e delle forme di potere che subiscono, diventando quindi un materiale dimostrativo.
> Quello che hai proposto per Digital Video Wall è solo la prima parte di “Esercizi Obbligatori”; come si sviluppano gli altri episodi?
I 3 Atti di Esercizi Obbligatori è come se fossero uno all’interno dell’altro, ed allo stesso tempo definiscono i rispettivi confini. L’Atto I rappresenta il collettivo, la Società che pensa ed agisce come un unico, l’Atto II racconta l’Individuo nell’esistenza quotidiana, la difficoltà del vivere, lo sforzo continuo del corpo nell’adattarsi ai limiti imposti, dove il semplice gesto del mangiare o dello spogliarsi è deformato dall’amputazione di una o più possibilità. L’Atto III è il ridondante e conosciuto, è l’archetipo della prima società che incontraimo, la Famiglia, con la messinscena di riti formali, qui svuotati di significato.
> Gli esercizi che riproduci nel video erano stati pensati, in epoca fascista, per essere passivamente emulati da una folla. In questa trasposizione, però, l’aspetto centrale, ossia quello “performativo”, viene a mancare. In che modo questo cambia il significato e la ricezione stessa dell’opera?
L’opera ha una sua doppia natura, che cambia nel momento in cui viene fruita dal vivo, quindi come performance effettiva, e quando invece diventa testimonianza rappresentativa, come con il video. Nel video di Atto I, la distanza che crea il video rafforza l’idea di controllo e manipolazione. Dal vivo, durante la performance, non puoi prevedere cosa accadrà, perché l’elemento dell’altro, di colui che guarda resta un mistero. Tutti e due i livelli di fruizione sono come una stratificazione di senso. Io comunque non credo all’idea di passività, o meglio, considero la passività comunque una scelta.
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Marilisa Cosello (1978) si diploma in Arti Visive presso Sevenoaks School (UK), si laurea in Storia del Cinema allo IED di Milano e consegue un Master in Fotografia presso la Noorderlicht School (NL). Studia con Francois Cheval presso il Museé Nicephore Niepce (Chalon-sur-Saône, FR). Ha esposto in istituzioni italiane e internazionali tra cui: Palazzo delle Esposizionia Roma, Fondazione Francesco Fabbri a Pieve di Soligo (TV), Milano Photofestival, LuganoPhoto Festival,Copenhagen Photo Festival, Central Dupon a Parigi.
27/11/2018