LA RECHERCHE | ITALO ZUFFI
Tra le bianche pareti del MAMbo il visitatore si trova una tela, bianca anch’essa: Resultats pour la recherche, Italo Zuffi – nessun dato trovato. Questo è il messaggio, lapidario, che rivela l’origine dell’opera: l’artista ha digitato il proprio nome nel form di ricerca dell’archivio online del sito del Centre Pompidou, ottenendo, di conseguenza, un risultato negativo. L’assenza dell’artista è, beffardamente, rappresentata nello screenshot che, con un cambio di piano, si colloca come opera d’arte.
La prima reazione prevista è il sorriso: caratterizzazione che disegna un filo rosso nelle opere di Zuffi, l’ironia e soprattutto l’autoironia fanno sì che lo spettatore si senta empaticamente coinvolto nella ricerca dell’artista e in qualche modo rende possibile anche un’identificazione che si basa sulla paura condivisa del fallimento. La Recherce di Zuffi, che certo allude alla Recherche di Marcel Proust, è appunto una ricerca del tempo perduto: quali sono le condizioni con le quali un artista può essere incluso in una memoria condivisa e quindi essere riconosciuto come tale? Quanto i suoi tentativi e l’eterna competizione portano effettivamente a un risultato concreto?
Attraverso una radicalizzazione del proprio agire come artista, Zuffi fa del suo fallimento lo strumento per provocare ma anche per esprimere la costante fragilità della figura dell’artista, sempre in bilico all’interno di una serie di dinamiche di accettazione e rifiuto, frustrazione e produzione, contrappunto costitutivo dell’atto creativo. La Recherche allora diventa l’icona di un’assenza ma al tempo stesso il campo per un’azione e un posizionamento: Zuffi con una pratica tra concettuale e situazionismo palesa meccanismi di criticità del sistema dell’arte e di ciò che implicitamente o meno viene richiesto all’artista per farne parte. La tela stessa, lasciata vuota se non per quelle poche frasi lapidarie, è il simbolo reazionario della negazione dello stereotipo dell’artista che per essere tale deve creare oggetti d’arte tradizionali, ai quali Zuffi contrappone invece un’immagine dell’artista in tutta la sua fragilità e debolezza.
Marchel, il protagonista della Recherche di Proust, combatte contro la sua mancanza di volontà e la bassa autostima in un tempo che scorre veloce e sembra sfuggirli dalle mani. L’opera di Zuffi sembra in qualche modo incastrarsi in questo flusso per proporre una nuova visione del fallimento: l’artista deve fallire, perché è proprio la totale messa in discussione delle proprie abilità o la sfiducia del proprio ruolo che lo può portare ad abbracciare l’atto creativo e spingere i limiti di un contesto che è, in fin dei conti, troppo stretto e rigido.
Italo Zuffi
La Recherche, 2016, stampa su tela
© Italo Zuffi, Courtesy Istituzione Bologna Musei, fotografia Ornella De Carlo
La Recherche è parte della mostra Fronte e retro, a cura di Lorenzo Balbi e Davide Ferri presso MAMbo – Museo d’Arte Moderna Bologna, visitabile fino al 15 maggio 2022.
02/04/2022
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