EVA & FRANCO MATTES
Generazione Critica: La vostra collaborazione inizia negli anni ’90 usando come nome di riconoscimento l’indirizzo internet 01001011110101101.org per poi consolidarvi come Eva e Franco Mattes. Qual è la scelta che risiede nell’utilizzo di tale dominio come pseudonimo e come siete arrivati al riconoscimento con i vostri nomi?
Eva & Franco Mattes: In molti dei nostri lavori usiamo l’identità di altre persone o entita’. Abbiamo inventato un artista di nome Darko Maver; abbiamo impersonato Nike per organizzare una falsa campagna pubblicitaria; abbiamo attribuito una scultura che avevamo realizzato a Maurizio Cattelan e così via. Abbiamo sempre sostenuto l’anonimato e gli pseudonimi in tutte loro forme, sia online che offline. Non siamo molto contenti di come i social media stiano spingendo gli utenti a usare i loro nomi reali, sta diventando l’Internet dei nomi. L’anonimato è liberatorio, la possibilità di fare e dire cose senza che siano permanentemente attaccate alla propria persona reale è qualcosa che dovremmo proteggere, ecco perché siamo molto interessati a Tor e al darknet, l’Internet anonimo. Disclaimer completo: Eva e Franco non sono i nostri veri nomi 😉
GC: Dall’inizio della vostra carriera internet è mutato in maniera vorticosa e incontrollabile e continua incessantemente a farlo. Questi cambiamenti hanno anche cambiato il vostro atteggiamento? Ci sono stati momenti o progetti in cui avete messo in discussione la centralità di internet nella vostra ricerca?
E&FM: Negli anni ’90 eravamo ossessionati dalla visibilità, dai traffic log, dal raggiungere un pubblico sempre più ampio, ma con il passare del tempo, e l’avvento di internet 2.0, ci siamo sempre più interessati al contrario: invisibilità e scomparsa, anonimato, cancellazione di dati, nel friggere hard disk nel microonde…
GC: Il vostro lavoro si confronta con i temi quali l’autorialità dell’opera d’arte, l’appropriazione e il binomio copia – originale. Per perseguire queste indagini la rete è il bacino da cui attingere la vostra materia prima: guardando a lavori come Agreements (2014) e Copies (2019) il processo di copia non si concentra solo sull’opera in sé ma arriva al pensiero che l’antecede, al momento di progettazione. Insomma avete portato il ready made di Duchamp ad uno stadio anteriore, togliendo l’oggetto e arrivando all’idea. Quali sono i criteri che vi guidano in questi atti di appropriazione del pensiero? Ci sono dei riferimenti a cui vi siete ispirati o che vi hanno portato avanti nello sviluppo di questa pratica?
E&FM: Ci hanno influenzato in moltissimi, da Duchamp che è imprescindibile, alla Neue Slowenische Kunst, i Negativland e Wu Ming che sono stati veri e propri mentors, poi Jodi, Seth Price cosi’ come tantissime persone online che non abbiamo mai incontrato ma i cui meme ci tengono svegli la notte. Non riesco ad immaginare di fare arte senza questa pazzesca comunità attorno.
GC: Muovendovi nell’arte come degli hacker nel dark web, cercate di minare le basi di un sistema di produzione e di riproduzione spesso giocando anche con i suoi limiti e unendo l’arte con una cultura più pop. What Has Been Seen (2017) è un progetto in cui l’opera d’arte ha le sue origini da un meme ma è in grado di riflettere su aspetti cruciali e rilevanti del contemporaneo. Quanto è importante l’aspetto ironico all’interno dei vostri progetti? E quanto la pop culture può essere una lente per analizzare il nostro presente?
E&FM: Abbiamo sempre cercato di usare l’umorismo nel nostro lavoro, è un modo per rendere un argomento più digeribile, è un punto di ingresso più facile ad un’opera. Il fatto che qualcosa sia divertente non significa che non possa essere anche mortalmente seria, è solo che la complessità del lavoro non ti viene lanciata in faccia ma e’ in qualche modo nascosta sotto uno strato di umorismo. Una parte del pubblico capirà solo la parte divertente, mentre una parte più piccola cercherà di scavare un po’ più a fondo e, si spera, avere una comprensione più articolata del pezzo, ma entrambi gli approcci vanno bene per me.
GC: Una volta arrivati a questa materia oscura diventa necessario mettere in atto un processo di traduzione e restituzione. Come vi confrontate con lo spazio fisico di una galleria o di un’istituzione in cui inserire fisicamente l’esito della vostra ricerca?
E&FM: Non parlerei di traduzione, perche’ la traduzione viene fatta dopo che un testo e’ terminato, mentre in un buon lavoro le due cose dovrebbero svilupparsi insieme, organicamente, cioe’ la sua circolazione in internet – come file – e la circolazione nel mondo dell’arte – come oggetto fisico – dovrebbero essere inscindibili. Prendiamo ad esempio Ceiling Cat: è una scultura basata su un vecchio meme di Internet, un gatto imbalsamato, che sbircia da un buco nel soffitto, e ci osserva mentre lo guardiamo a nostra volta. La scultura si basa su un’immagine che abbiamo trovato online, un meme molto popolare. Ora le foto della nostra scultura stanno iniziando a circolare, mischiandosi con le altre versioni, così l’opera coesiste in due diversi sistemi di circolazione, il mondo dell’arte e internet, in costante negoziazione tra immagine e oggetto. In questo modo, la fine di una mostra segna un altro inizio per l’immagine.
Dopo che il MoMA di San Francisco ha acquisito l’opera, abbiamo stretto un accordo con il museo per rinunciare alla proprietà della foto, in modo che chiunque possa copiarla e utilizzarla per qualsiasi scopo, gratuitamente. Abbiamo messo l’immagine nel dominio pubblico, tramite Wikimedia, e siete tutti invitati a scaricarla e utilizzarla.
17/11/2022