CLIMB UP THERE | FANG YANG
Fang Yang (Wuhan, 1996) sviluppa una interessante pratica interdisciplinare che unisce scultura a video animati, alla ricerca di punti di contatto, o meglio di collisione, tra la mitologia primitiva associata alle credenze popolari e le dinamiche consumistiche della società contemporanea. Da questi contrasti nascono nuove narrazione e personali interpretazioni della realtà.
Climb up There (2022) è un’opera ricca di riferimenti culturali e significati concettuali più o meno riconoscibili, che si compone di due elementi, esposti uno accanto all’altro: una scultura di argilla completamente bianca, che prende la forma di un cavallo al galoppo in cima a un palo direzionale, una catena e quello che sembra un rotolo di carta igienica sono fusi con l’animale; il secondo elemento è un video proiettato su uno schermo di medie dimensioni.
Il video, in contrasto con il bianco della scultura, è a colori e creato con un’animazione che mescola abilmente bidimensionalità e tridimensionalità.
In poco meno di due minuti (nello specifico 1’39’’), Fang Yang crea una narrazione nella quale appaiono vari personaggi – teschi stile punk/terminator, un cavaliere robot, animali e figure non immediatamente riconoscibili ma che hanno l’aspetto di creature mitologiche. Quello che sembra il filo conduttore della narrazione è la situazione di conflitto che accomuna tutti i personaggi della storia, dove risulta sempre chiaro chi è il vincitore e chi il vinto.
La disparità di potere sembra netta e i vinti si trovano a combattere battaglie perse, come ad esempio il cavaliere che in sella al suo destriero si lancia in una corsa inutile, in quanto legato da grosse catene e quindi impossibilitato a procedere, o le mantidi che affrontano un mostro gigante capace di spazzarle via con un solo gesto della ‘mano’.
In Climb up There, l’artista riflette sui ruoli di genere lasciando trasparire un sentimento di inadeguatezza, un senso di colpa rispetto al non riuscire a soddisfare le aspettative e gli stereotipi sociali. Vari sono gli elementi che contribuiscono a creare questa narrazione, a cominciare dal titolo, che significa letteralmente ‘salire lassù’. “I thought you were proud of me” è il pensiero che viene ripetutamente espresso in quest’opera, sotto forma di scritta che gira in un movimento circolare lungo i bordi del video e pronunciata ossessivamente da una voce fuori campo.
Un’opera affascinante e tormentata allo stesso tempo quella di Fang Yang, che fa riflettere sull’ingiustizia di certi dogmi e stereotipi di genere imposti dalla società odierna, e sui limiti delle modalità di contrasto che si possono operare.
Fang Yang
Climb up There, 2022
Installazione video, argilla minerale (160 x 118 x 80 cm), video 4K (1’39’’)
© Courtesy l’artista e MadeIn Gallery
26/07/2023