Jenkin van Zyl, Cabin Pressure, 2020

CABIN PRESSURE | JENKIN VAN ZYL

We go downstairs. It might take some time for your eyes to adjust. I’ve been told that my offices are remarkably dim, but this is how I like it. I’m not interested in seeing you clearly, your pores and tattoos. I’d rather pretend. I’d rather get a whiff of you and make up the rest.

Cabin Pressure (2020), è l’opera site-specific di Jenkin van Zyl in cui lo spazio della galleria viene completamente stravolto per accogliere la messa in scena della visione delirante e grottesca dell’artista. Il progetto installativo si configura come uno studio preparativo per la realizzazione di un’opera video: confluiscono nello spazio i pensieri, le suggestioni, gli oggetti e i personaggi che animano il mondo dell’artista. Nella semi ombra compaiono così sedili di un aeroplano, disegni in matita in cui creature a metà tra l’umano e il coniglio sono vestiti con abiti in latex mentre sono intenti a orge e strani rituali libici fino ad arrivare ad una stanza più appartata: la toilette del velivolo. La piccola stanza, illuminata dalla fioca e seducente luce prodotta da una discoball in movimento, si arricchisce di indizi che l’artista dispone nello spazio così da arricchire la trama della narrazione in costruzione: dadi insanguinati all’interno del lavandino, buste di tela sporca appese alle pareti e poi un testo.

In collaborazione con la scrittrice Brittany Newell, van Zyl, arricchisce l’impianto narrativo di Cabin Pressure con un testo che definisce l’ambientazione, la trama e i personaggi mantenendo il mistero che caratterizza l’opera site-specific. Creando questa ambientazione l’artista crea un immaginario in cui si combinano diversi giochi di ruolo, proprio come nei disegni deliranti in cui i conigli-umani assumono ruoli che non gli appartengono e giocano con la realtà portando al limite le tensioni erotiche e il desiderio in bilico tra piacere e dolore.

In the wreckage of my offices, I take fantasy seriously.

Quelli che sembrano elementi caotici e distanti trovano una loro unione nel gioco di specchi e nel gioco d’azzardo, richiamato da elementi quali il testo o i dadi trovati nel lavandino. Jankin van Zyl, manifestando senza timore le sue fantasie e ossessioni permette all’osservatore di entrare in una dimensione cupa e spaventosa ma incredibilmente attraente: come ogni perversione, il timore si mischia alla curiosità mettendo in dubbio i valori etici in cui tradizionalmente si crede.

I’ll open the window and address the animals, gathered neatly at my feet: my love must be a king of blind love… I can’t see anyone but you… sha-bop sha-bop… They watch me, still as props, and never sing along.

L’arte si iscrive nella pratica di van Zyl e in Cabin Pressure come atto d’amore: le parole prese dal testo di I Only Have Eyes For You, canzone dei Flamingos, si configurano come dichiarazione della passione e ossessione che l’artista nutre verso il pensiero creativo e i luoghi dell’immaginazione. Facendo crollare la distinzione tra fantasia e realtà, l’artista offre un tuffo nei luoghi oscuri delle nostre pulsioni, abbracciando il grottesco e mostrandone la dirompente bellezza.

 

Jenkin van Zyl
Cabin Pressure, 2020
Installation view at Amanda Wilkinson Gallery, London © courtesy the artist

Jenkin van Zyl, Cabin Pressure, 2020 Installation view at Amanda Wilkinson Gallery, London © courtesy the artist

Jenkin van Zyl, Cabin Pressure, 2020
Installation view at Amanda Wilkinson Gallery, London © courtesy the artist

 

29/04/2023