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ATELIER DELL’ERRORE

Generazione Critica: Come definiresti Atelier dell’errore? Qual è la sua storia e chi sono i suoi protagonisti?

Luca Santiago Mora: Potremmo definire l’AdE come una piccola utopia realizzata, una ‘scultura sociale’ che ha trasformato una problematicità in ricchezza sociale.
Atelier dell’Errore BIG (AdE BIG) è un collettivo artistico che si dedica alle arti visive e alla perfomance. Si è formato nel 2015 e costituito impresa sociale nel 2018. Fin dalla sua costituzione, il laboratorio di AdE BIG è stato ospitato in permanenza all’interno della Collezione Maramotti di Reggio Emilia come work in progress. AdE BIG ha origine dal progetto Atelier dell’Errore, laboratorio di arti visive dedicato dal 2002 dall’artista visivo Luca Santiago Mora ai ragazzini della neuropsichiatria infantile dell’Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia e di Bergamo e divenuto Associazione Atelier dell’Errore nel 2011.

GC: Atelier dell’errore è ospitato presso gli spazi di Collezione Maramotti a Reggio Emilia, come è nata e si è sviluppata questa collaborazione?

LSM: La collaborazione con la Collezione Maramotti nasce dall’esigenza del progetto AdE di trovare uno spazio fisico al di fuori delle strutture sanitarie per continuare il percorso artistico con i ragazzi che dopo aver frequentato per anni il laboratorio, diventando maggiorenni e passando automaticamente alla psichiatria/handicap adulti, non avrebbero più potuto continuare la loro esperienza all’interno dei laboratori dedicati alla neuropsichiatria infantile. Questa collaborazione nasce all’inizio del 2015 e innesca già dopo pochi mesi la prima esposizione pubblica, denominata ‘Uomini come Cibo’, una sorta di contro-Expo, installazione site specific in cui gli animali che si nutrono di umani dell’AdE occupano per 6 mesi tutti e 5 i piani di un signorile palazzo di via Monte di Pietà nel centro di Milano. Da questo  nasce l’anno successivo il volume Atlante di Zoologia Profetica a cura di Marco Belpoliti edito da Corraini, che funge da catalogo ragionato dell’esposizione grazie all’intervento dedicato al progetto da parte di 14 importanti personalità della cultura artistica e scientifica italiana. Nel 2018 con i 10 ragazzi che hanno iniziato a frequentare quotidianamente il laboratorio all’interno della Collezione si decide di costituire ufficialmente il collettivo artistico AdE BIG dove tutti i ragazzi partecipanti sono soci-disegnatori e diventano a tutti gli effetti professionisti dell’arte contemporanea. Allo stesso tempo la Collezione decide di dedicare a questo progetto un grande spazio stabile e definitivo al terzo piano della Collezione che funge per il collettivo sia da laboratorio che da spazio espositivo.

GC:  Nei molti anni di attività Atelier dell’Errore ha avviato diverse collaborazioni e portato avanti progetti diversi, dalla realizzazione di copertine per la casa editrice Quodlibet, performance ospitate presso Triennale di Milano e Arte Sella, disegni in mostra alla galleria Massimo De Carlo, come si inseriscono questi progetti nel lavoro quotidiano dell’atelier dell’errore e come vengono accolti dai vari interlocutori coinvolti?

LSM: Sono collaborazioni di carattere molto diverso. Quella con Quodlibet nasce ancora all’interno dei laboratori della neuropsichiatria infantile grazie alla stima reciproca con Ermanno Cavazzoni responsabile della collana Compagnia Extra, mentre il corpo performativo dell’AdE viene alla luce grazie ad un invito specifico del Teatro delle Albe di Ravenna che ci ha chiesto nel 2017 un storia dell’AdE in forma drammaturgica. Diverso l’approdo alla Galleria Massimo De Carlo che è la prima esposizione dell’AdE finalizzata alle commercializzazione delle proprie opere. Esigenze e volontà nata dopo la costituzione del collettivo artistico Ade BIG che non ricevendo alcun finanziamento pubblico deve e vuole confrontarsi con il mercato dell’arte tout court per poter soddisfare le leggi di bilancio a cui ogni impresa sociale è sottoposta.
Il collettivo AdE BIG è costituito da ragazzi che per 10-15 anni hanno frequentato il laboratorio all’interno del servizio pubblico e diventati maggiorenni hanno deciso che la loro vita può avere senso solo se dedicata all’arte.

Atelier dell’Errore BIG. CHUTZPAH a cura di Gabi Scardi | The Art Studio – The Human Safety Net, Procuratie Vecchie, Venezia

Atelier dell’Errore BIG. CHUTZPAH a cura di Gabi Scardi | The Art Studio – The Human Safety Net, Procuratie Vecchie, Venezia

GC: In occasione della Biennale Arte 2022 è stato realizzato il progetto CHUTZPAH, curato da Gabi Scardi e allestito all’interno delle Procuratie Vecchie di Venezia. E’ la prima volta che vi affidate alla figura di un curatore?

LSM: L’AdE è fondamentalmente autarchico, anche in virtù della poliedricità delle persone che costituiscono il collettivo stesso, questo ci permette di curare un progetto artistico dall’ideazione iniziale alla realizzazione finale. Tuttavia nella complessità di un lungo percorso come questo ci è fondamentale l’apporto di uno sguardo al tempo stesso laterale ma organico alla natura stessa del nostro lavoro. Con Gabi abbiamo un rapporto specialissimo in quanto lei ci segue e conosce da molto tempo e di conseguenza c’è la massima fiducia nel lavoro reciproco. Gabi si è rivelata come uno sguardo prezioso sul nostro processo già in occasione di Red Light Gold Light da Massimo De Carlo di conseguenza non abbiamo quindi avuto dubbi nella sua riconferma per Chutzpah.

GC: La curatela di una mostra coinvolge diversi aspetti del lavoro, da una fase progettuale più teorica, a un rapporto con lo spazio / sede dedicata, questo di CHUTZPAH sembra avere le caratteristiche di un lavoro site-specific. Come è stato lavorare con il gruppo di AdR e che tipo di azioni hai privilegiato nel seguire il progetto?

Gabi Scardi: La curatela è un’attività di affiancamento e di condivisione con un artista, in questo caso con un gruppo artistico; attività che si deve necessariamente basare su una sintonia in termini di sensibilità e su una grande contiguità con il pensiero artistico; questo è vero a maggior ragione quando il lavoro scaturisce da esigenze radicali come quelle che animano AdE.  È naturale che un impegno relazionale a lungo termine possa consentire una più approfondita adesione al lavoro artistico e alle sue ragioni. E in effetti l’inizio del lavoro con AdE risale ad anni fa. La relazione non si è mai interrotta, anzi si è andata corroborando e intensificando. Avevo seguito a distanza l’origine del progetto. Cominciare ad occuparmene con un coinvolgimento più diretto, come a un certo punto è avvenuto, è stato un passaggio naturale.
Nel caso di Chutzpah il lavoro è consistito in un dialogo, in un continuo scambio sul senso, e sulle modalità di allestimento, che però in questo caso erano tutt’uno con la forma che l’opera man mano prendeva. Abbiamo inoltre immaginato una sorta di piccola guida che potesse introdurre il lavoro. 
Abbiamo tenuto al fatto che la mostra dell’Art Studio risultasse circoscritta in se stessa e, nello stesso tempo, connessa al percorso sulle potenzialità individuali della fondazione di The Human Safety Net di Venezia, che occupa il resto del piano del palazzo. Peraltro il titolo stesso della mostra, Chutzpah, è nato anche in riferimento a quel percorso, con il lavoro di AdE inteso come coronamento e personale declinazione del valore del Coraggio. Tornando al lavoro curatoriale è stato di intenso dialogo, rilettura, di rispecchiamento. C’è stato poi il momento in cui i dettagli concreti dell’installazione e della presentazione si sono fatti cruciali. Durante l’allestimento si è inoltre intensificato, da parte mia, il rapporto con l’istituzione.

CG: CHUTZPAH è un termine yiddish che indica sfacciataggine ma che nell’uso quotidiano assume il valore di sfrontatezza e coraggio. Perché queste due caratteristiche sono rappresentative della vostra missione?

LSM: Anzitutto perché Chutzpah nasce nella cultura Yiddish con un’accezione decisamente negativa ma nel corso del tempo si rivela una sua natura assolutamente preziosa e positiva che prende poi il sopravvento. E questo è un po’ il miracolo dell’AdE che nasce dal lavoro con ragazzi che sono vissuti come una problematicità sociale e poi grazie alla mediazione dell’arte e al tenace lavoro quotidiano in atelier si rivelano una ricchezza sociale. Inoltre è indubbio che l’AdE, non avendo precedenti storici di riferimento, ha dovuto aprirsi una strada personale all’interno del mondo dell’arte contemporanea, per esempio rifiutandosi categoricamente di essere rinchiusa nel circuito dell’Arte Irregolare/Outsider che non la rappresenta. E per fare questo, in una realtà ultra competitiva e selettiva come quella del contemporaneo bisogna avere una certa sfrontatezza mista all’audacia e alla tenacia che caratterizzano tutto il modus operandi dell’Ade. Anche dal punto di vista esecutivo l’AdE è per definizione Chutzpah, in quanto essendo un colletivo anti-accademico per sua natura spesso si è trovato a dovere/volere inventarsi le proprie tecniche esecutive andando spesso contro il parere dei tecnici professionisti che hanno definito impossibili alcune realizzazioni poi portate a termine. E le due opere site specific di Chutzpah ne sono la più recente testimonianza. Ecco utilizzare la definizione di ‘tecnicamente impossibile’ come innesco di un processo tecnico-artistico ardimentoso e laborioso è caratteristica connaturata all’AdE.

Atelier dell’Errore BIG. CHUTZPAH a cura di Gabi Scardi | The Art Studio – The Human Safety Net, Procuratie Vecchie, Venezia

Atelier dell’Errore BIG. CHUTZPAH a cura di Gabi Scardi | The Art Studio – The Human Safety Net, Procuratie Vecchie, Venezia

GC: La relazione con gli artisti e non solo con le loro opere coinvolge anche un lato personale, intimo e umano che gioca un ruolo importante. Quando l’artista non è uno ma si tratta di collettivi, le dinamiche possono essere ancora più complesse e stratificate. Quali sono stati gli assi portanti del tuo lavoro in occasione di Chutzpah, tra committenza e site-specific?

GS: Nel caso di AdE è anche importante comprendere le caratteristiche specifiche del gruppo, le sue modalità e i suoi equilibri interni, le sue dinamiche nei confronti del “mondo esterno”, limiti compresi.
Mentre per quanto riguarda la questione dello spazio, questo lavoro è nato su stimolo di Generali, per la specifica situazione delle Procuratie di Piazza San Marco, quindi è già di per sé site-specific; come d’altro avviene di frequente con AdE. Semmai, in fase di allestimento, è stato necessario lavorare su  alcuni dettagli, peraltro importanti, per i quali abbiamo individuato soluzioni “creative”; è stato il caso, per esempio, dei distanziatori nati per Tenda Mater.

GC: Nella fase di progettazione e realizzazione i ragazzi che prendono parte alle varie iniziative come dimostrano il loro coinvolgimento e quanto spazio di azione e di progettualità si riserva loro? Quali sono le criticità, se ci sono state?

LSM: AdE BIG si è rivelato nel corso del tempo come un vero e proprio laboratorio rinascimentale contemporaneo dove ognuno dei ragazzi a seconda del progetto da affrontare riesce e sa trovare una propria specifica specialistica tecnica che consente di portare a termine i progetti artistici che ci vengono proposti. Le opere di AdE sono sempre opere collettive nel senso più stretto e letterale del termine in quanto ogni disegno, ogni scultura, ogni installazione sono frutto paziente e tenace del lavoro spalla a spalla, corpo a corpo, di tutti i ragazzi del Collettivo. La direzione artistica ha il compito di costruire una ‘cornice’ (concettuale, teorica e progettuale) secondo il linguaggio del contemporaneo che permetta alla preziosa visionarietà dei ragazzi di emergere e di essere letta correttamente. La difficoltà, come nel caso di Chutzpah sta nel tradurre secondo un linguaggio proprio e comprensibile dai ragazzi del collettivo, quelli che sono gli obiettivi del progetto per creare l’innesco magico che dà il via al processo immaginativo e visionario dell’AdE.

GC: Il lavoro di Chutzpah come altre installazioni vede un rapporto diretto con l’opera d’arte che può essere riscoperta attraverso il gesto e l’interazione. Penso anche all’esperienza del 2019 presso la Collezione Maramotti in cui oltre all’esposizione di stampe fotografiche, alcuni ragazzi hanno attivato il percorso espositivo con una serie di performance. Come nascono questi tipi di interventi?

LSM: AdE BIG procede secondo il canone del bricolage (Levi-Strauss), ovvero si fa con quello che si ha.  La direzione artistica del collettivo che conosce perfettamente le potenzialità dei ragazzi del collettivo ha il compito di orientare il processo verso forme, tecniche modalità espressive ed esecutive che ne esaltino l’urgenza, l’originalità e l’autenticità. Per esempio AdE si presenta con il proprio corpo perfomativo non per una generica velleità à la page, ma semplicemente perché al momento almeno due dei ragazzi che fanno parte del collettivo, esprimono loro stessi alla massima potenzialità solo attraverso l’incontro con il pubblico, il salto nel vuoto della performance. Senza di loro non avremmo l’attuale esigenza performativa del nostro collettivo.

GC: Atelier dell’Errore propone un approccio all’arte non convenzionale e espanso. Nel cercare delle soluzioni di progettazione in cui includere i ragazzi che fanno parte dell’atelier come vi siete fatti guidare? Ci sono stati incontri o persone che hanno avuto un ruolo decisivo nella direzione dei diversi progetti?

LSM: AdE BIG è un virus molto contagioso e spesso porta ad affezioni reciproche irreversibili. L’estrema fatica e le innumerevoli difficoltà che si affrontano quotidianamente per portare avanti da vent’anni un progetto come questo, sono ripagate dalle tante persone che si sono affezionate al nostro progetto e che con il loro entusiasmo e la loro fiducia fanno da propellente a questa esperienza. Impossibile citare tutte le persone a cui il progetto è debitore senza dimenticarne. Sono tantissime e a tutte va la nostra grande riconoscenza. Direi che per quotidianità e continuità è impossibile non ricordare l’importanza della Collezione Maramotti e di chi ne fa parte.

GC: Considerate le diverse esperienze e i diversi progetti, potrebbe essere molto interessante un lavoro di documentazione delle attività di AdR, una sorta di ‘catalogo’ che però forse sarebbe troppo compresso in una forma video… ci possono essere spazi, dal tuo punto di vista di curatrice, per un meta-lavoro che documenti e coinvolga allo stesso tempo il gruppo, rispettando cioè il loro modo di lavorare?

GS: Il pensiero esiste; ma AdE è lontano da uno spirito documentativo e didascalico. Un racconto del lavoro e dei suoi processi generativi sarà possibile solo sulla base di uno sguardo poetico, ed è ancora difficile prevedere che forma potrà avere.

GC: State lavorando a nuovi progetti? Quali sono le sfide future di Atelier dell’errore?

LSM:  I nuovi progetti di AdE BIG per il 2022 sono una bi-personale con Chiara Camoni alla GAM di Torino a cura di Elena Volpato che inaugurerà con Artissima e una grande opera permanente progettata e in corso di realizzazione per Palazzo Torlonia a Roma.

18/08/2022

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Luca Santiago Mora – Portrait

 

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Gabi Scardi, Portrait